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Non vi è dubbio che la così definita "crisi della giustizia (civile)" sia stato e tuttora rimanga un "refrain" tanto in parte realistico quanto in buona misura declinato (dai più) sui tempi di formazione della "res judicata", in molti casi reso quasi inaccettabile e soprattutto incompatibile con gli standards europei e in sé e per sé con la stessa dimensione dell'effettività della tutela dei diritti. La stimolata occasione di raccogliere alcuni studi - di un arco temporale relativamente breve, pur denso di accadimenti e di riforme processuali - vuole significare non solo una sorta di concisa glossa dei medesimi, ma in particolare il possibile ruolo dello "scholar", non rinchiuso nella turris eburnea dell'accademia, ma inserito nella di questa funzione educativa e scientifica con approccio critico e, ove utile, non meramente parrocchiale, il difficile compito dello "scholar", di riuscire a coniugare l'approccio concettuale con la possibile incidenza pratica e applicativa della speculazione del pensiero scientifico rappresenta così il rouge di questo "volumetto"; ed è proprio ii settore della "giustizia civile" che viene ad assumere un ruolo cruciale nel tentativo di "reductio ad unum" dei valori essenziali dell'ordinamento giuridico, che concretano forse il più internazionale riconosciuto stilema delle c.d. "scienze sociali": "ubi societas, ibi ius".